L’uomo dalla cravatta rossa
S.M., numero di protocollo 12356/9, camminava sul marciapiede. Sottobraccio portava un libro rilegato in cuoio; quale, e in che luogo stampato, non sono riuscito a decifrarlo. Mi avvicinavo scrutandolo con la massima concentrazione. Per maggior sicurezza, sbirciai perfino la foto che tenevo in tasca. Poi deviai sull’altro lato della strada e mi fermai a un incrocio. Considero gli individui che portano occhiali, e in specie occhiali scuri, tra i più pericolosi, o quantomeno sospetti. Il guaio è di non sapere affatto cosa accade dietro quelle lenti: se degli occhi ci guardano o meno, se ci scrutano, ci riconoscono.
Cos?, per poter osservare una seconda volta quel volto con occhiali pizzetto e cravatta, fui costretto a levarmi il cappello e riporre la mia cravatta nella borsa. Per quale ragione S.M. porti proprio una cravatta rossa, non saprei dire. Al completo non s’accorda per niente: meglio sarebbe bruna, o perfino blu scuro. Conviene che su questo particolare indaghiate voi stessi al momento opportuno. Forse possiede solo quella. Ricordatevi di chiedere.
Quando gli fui dinanzi, lo vidi intento a cercare un fiammifero per accendersi la sigaretta. Ne trov? una scatola, la scosse, la gett? via e riprese a frugare. Poi, nell’attimo che gli passavo accanto ripetendo sottovoce le disposizioni dell’ufficio, inaspettatamente si gir? verso di me e mi chiese da accendere. Io fiammiferi non ne avevo. Come vi è certo noto, al tempo non fumavo. Fu proprio allora, per inciso, che mi resi conto di quanto semplici oggetti come i fiammiferi, un accendino, una biro, un calzascarpe, possano tornare utili ad allacciare un discorso nella giusta occasione. Cos?, contrariato, mi precipitai a comprare un accendino. Il costo dell’accendino, benché elevato, ho ritenuto di doverlo inserire non nel rendiconto mensile ma nella lista delle spese personali, a differenza del cappello di cui mi ero provveduto.
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